Nel corso degli ultimi anni ho ricevuto richieste di suggerimenti su come spendere il proprio tempo da persone che mi chiedevano: “ma come fai a fare tutte le cose che fai? Non ti stressi? Dove trovi il tempo?”. Rispondere esaustivamente è sempre complicato e quindi svicolo dicendo che in realtà molte delle cose che faccio non richiedono tutto questo tempo, una volta che sono avviate. Tuttavia svolgere attività cognitive in maniera efficace richiede disciplina, struttura e qualche accorgimento. Non è qualcosa che succede spontaneamente.
Ho quindi deciso di dire la mia sul tema, avendo alle spalle qualche annetto in cui sono riuscito a coniugare con soddisfazione il lavoro, la vita sentimentale, lo studio di materie tecniche, l'approfondimento di temi politici e filosofici, la stesura di diversi blog, l'attività politica in Tech Workers Coalition e marginalmente in altre organizzazioni, la creazione e gestione di diverse comunità e gruppi di studio, la palestra. Il tutto lasciando abbondante tempo per lo svago e il relax, fatto di videogiochi, club techno e buon cibo. Come vedremo in seguito, questi risultati non sono strettamente legati al mio impegno o esclusivamente una questione di merito e dedizione, ma la convergenza di tanti fattori, molti fuori dal mio controllo, che per fortuna mi permettono di avere una vita tranquilla e strutturata. Una doverosa premessa per pulire il tavolo dal dubbio che questa guida sia scritta come atto masturbatorio, come spesso accade quando certi “guru” decidono di condividere le proprie pratiche.
Di materiale sulla gestione del tempo ne esiste un'infinità, la maggior parte è spazzatura che cerca di vendere libri e corsi per offrire la speranza di trovare tempo dove non ce ne può essere, oppure per metterlo al servizio di meccanismi disfunzionali. Offrono soluzioni miracolose, oppure trucchi di qualche tipo che però quando applicati, non sembrano mai funzionare. Fa eccezione, a mio parere, il libro Deep Work di Cal Newport che ho letto alcuni anni fa e che approfondisce un buon numero delle idee che introduco in questo articolo.
Newport definisce il deep work come: “Attività professionali svolte in uno stato di concentrazione senza distrazione che spingono al limite le vostre abilità cognitive. Queste attività creano nuovo valore, migliorano le vostre abilità e sono difficili da replicare.” Il libro si concentra eccessivamente su logiche di produttività e le collega al lavoro ma, personalmente, trovo che sia solo un limite ideologico dell'autore e che buona parte dei suoi consigli siano applicabili a qualsiasi tipo di attività cognitiva intensa, a prescindere dallo scopo.
Voglio evitare di dare false illusioni ai miei lettori, che di certo non ne hanno bisogno e quindi vorrei stimolarvi con una riflessione sulla natura del tempo personale senza la quale rischierete sempre di essere vittima di materiale di self-help di scarsa qualità, dell'ansia da performance, dalla pressione che la nostra società pretende indebitamente da ognuno di noi e che tanti danni fa alla nostra psiche.
Il tempo non è tutto uguale
Ogni tanto si sente dire da qualche guru improvvisato che un giorno ha 24 ore per tutti e quindi come le usi fa la differenza su cosa riesci a fare. Questa è una cazzata. Come accennato prima, ogni persona vive in maniera diversa, ha un corpo diverso, ha una situazione abitativa e familiare diversa, ha un passato diverso e via discorrendo. Sono innumerevoli i fattori che determinano quanto tempo voi potete allocare per fare le cose che vi piacciono, per studiare ciò che vi interessa o anche solo per rilassarvi. La prima cosa da fare per costruire una routine che vi permetta di spendere il vostro tempo al meglio è evitare di fare confronti con altre persone e sperare di prendere modelli preesistenti e applicarli alla vostra realtà senza adattarli. Questo approccio è consigliabile anche nei confronti di questo stesso articolo, steso in base alla mia esperienza soggettiva e ai feedback ricevuti dalle persone che ho supportato in questi anni e con cui ho discusso questi temi.
Molto più interessante è invece imparare alcuni principi sul funzionamento del cervello umano, che, al netto di fattori di neurodiversità sempre presenti, possono aiutarvi ad allineare la vostra quotidianità ai vostri obiettivi utilizzando il tempo e le energie a vostra disposizione. Se avete un figlio, se dovete prendervi cura di un genitore malato, se avete una patologia cronica debilitante, se avete un lavoro stressante su cui non avete potere decisionale, se banalmente avete un ambiente domestico caotico, tutti questi fattori potrebbero rendere difficile se non impossibile applicare i miei consigli. Pensare il contrario vuol dire nascondere forme di privilegio che permettono ad alcune persone di avere un tempo molto strutturato e ad altre no. Non mi soffermerò qui sulle implicazioni politiche e sociali di queste ineguaglianze, ma vi invito a prenderne coscienza e gestire il vostro tempo e le vostre aspettative con la consapevolezza che vivere la produttività del proprio tempo come una competizione è un'attitudine malsana, anche e soprattutto perché sarebbe una competizione truccata.
Vediamo quindi una serie di principi che potrete adattare e comporre al vostro caso specifico e alla vostra quotidianità.
Strutturare il tempo
La prima cosa da imparare è che al tempo va data forma e colore. Dire “studio tutto il giorno” non è un buon punto di partenza. La maggior parte di noi opera meglio se il proprio tempo ha paletti chiari e ha obiettivi e scopi prefissati. Pianificare al mattino, possibilmente su carta o su schermo, una divisione della giornata per singole attività o argomenti vi solleverà dallo sforzo cognitivo di gestire l'incertezza e l'ambiguità man mano che svolgete le attività.
Dovete imporvi regole e rispettarle, anche a costo di rinunciare alla flessibilità derivata dal controllo del vostro stesso tempo. Serve una certa misura di fiducia negli effetti a lungo termine di questa pratica. Ad esempio se avete allocato due ore della vostra serata allo studio di un certo argomento ma alle 23:00 vi sentite ancora carichi per continuare, l'errore sarebbe di farlo, rompere il vincolo e dire di aver fatto tre ore invece che due. In casi di emergenza può andare bene, ma a lungo andare eroderà la vostra capacità di rispettare i vincoli e dare struttura al vostro tempo, facendovi ritornare a uno stato caotico.
Può sembrare controintuitivo poiché quando siete padroni del vostro tempo non dovete risponderne a nessuno e potete avere tutta la flessibilità necessaria per adattarvi agli eventi della giornata o ai ritmi del vostro corpo. Tuttavia questa flessibilità costa, principalmente in termini psichici. Il gesto controintuitivo da compiere è rinunciare a parte di questa flessibilità per rendere più salde la vostra capacità di suddivisione del tempo.
Io ho sempre trovato utile pensare a queste strutture come imposizione esterne su cui non ho potere. Non so quanto possa funzionare per altre persone, ma io concepisco questi e altri vincoli come imperativi che arrivano dall'alto, da un'autorità indefinita e che non mi permette di negoziare. L'autorità sono sempre io, ma in qualche modo è un altro io. Non elaborerò oltre che so già che state chiamando per un TSO.
I rituali personali
Per rispettare questi vincoli auto-imposti serve disciplina e anche la disciplina costa, tanto quanto la flessibilità. Per fortuna però abbiamo tanti modi per rendere l'auto-disciplina più semplice e tollerabile.
Abbiamo parlato nella sezione precedente della necessità di dare forma al tempo. La cosa è facile da fare su carta, assegnando ad ogni orario una specifica attività con degli obiettivi chiari, ma è più difficile da tradurre in pratica. Ci vengono quindi in soccorso i rituali personali.
Scandire un periodo con gesti e azioni precise aiuta a rinforzare la nostra percezione dello scorrere del tempo e ci aiuta a regolarizzare i ritmi. Un rituale può essere qualsiasi cosa che funzioni per voi, anche assolutamente banale, e che serva, in questo caso, a segnare l'inizio o la fine di una fase della vostra giornata o della vostra settimana.
Per esempio potete segnare l'inizio della vostra fase attiva durante la mattinata facendovi il primo caffè o una tazza di té: siete ancora in uno stato di torpore e invece di bervi il caffè assonnati al tavolo per darvi la sveglia, prendetevi il tempo necessario e quando siete pronti a partire o ad un orario preciso, tiratevi insieme e fate il caffè. Col caffè in mano, avviatevi alla vostra scrivania o al vostro tavolo da lavoro e da quel momento in poi siete in un periodo di concentrazione che idealmente si concluderà con un altro rituale, ad esempio uno snack di metà mattina. Sebbene sembri una banalità che molte persone adottano spontaneamente, non è naturale per tutti. Inoltre prendendo consapevolezza degli effetti positivi dei rituali, si possono progettare in maniera intenzionale e inventarsene e consolidarne di nuovi, sia all'interno della giornata che della settimana o del mese. Un altro esempio utile può essere un rituale da svolgere al ritorno a casa il venerdì sera come ad esempio un bagno caldo se avete la vasca o cucinare un piatto speciale che vi piace, per dare chiusura alla settimana lavorativa e l'inizio al week end, in cui non penserete al lavoro.
I rituali, come tutte le metodologie di cui parliamo qui, richiedono manutenzione ma questa necessità di manutenzione tende a calare nel tempo poiché i rituali si rinforzano, si radicano nella nostra mente e nella nostra routine fino a che non diventano quasi automatici. Rafforzandosi i rituali, si rafforza anche la struttura della vostra giornata o della vostra settimana.
Gli spazi fisici
Spesso questo tipo di guide parlano di spazi fisici concentrandosi sulla necessità di avere un luogo di lavoro ordinato, pulito, magari con un po' di piante e una buona illuminazione. Questi sono tutti elementi importanti e chi ha controllo sui propri spazi dovrebbe investire del tempo per renderli quanto più ordinati possibile. Tuttavia credo che questi fattori siano spesso sopravvalutati e presentati come cure magiche ai problemi, talvolta accompagnate a teorie bislacche sulle aragoste.
Ci interessa forse di più ragionare sugli spazi in modo diverso. Avere un'area interamente dedicata all'immersione e alla concentrazione è un elemento tanto fondamentale quanto complicato da ottenere per molti. Una situazione ideale richiederebbe una stanza intera tutta per voi e dedicata esclusivamente a un certo tipo di attività. Come per i rituali che segnano l'inizio e la fine di certe fasi del giorno, l'entrata e l'uscita dalla stanza rappresentano il passaggio verso la zona di concentrazione. Ciò permette inoltre di stabilire regole su cosa è concesso o meno nella stanza, come ad esempio portarsi dietro il cellulare.
Tuttavia la maggior parte delle situazioni abitative non permette di raggiungere questa configurazione. Avere perlomeno una scrivania propria è già un buon compromesso. Altri preferiscono avere un tavolino preferito al bar sotto casa. Altri ancora raggiungono questo mindset in spazi di coworking. Io, paradossalmente, riesco a fare questa cosa molto bene in treno o in metro, anche se raramente mi metto sui mezzi intenzionalmente solo per concentrarmi. Ognuno è diverso, ogni situazione abitativa è diversa, trovare la quadra sta a voi.
Ridurre lo sforzo mentale
Il cervello, purtroppo, è una macchina molto meno affidabile di quello che ci piacerebbe credere. Abbiamo particolare attaccamento a un'idea ingenua di funzionamento corretto del nostro cervello, fondamentalmente perché ci identifichiamo con la nostra parte conscia e allo stesso modo abbiamo il terrore delle patologie e dell'invecchiamento che possono portare a un decadimento delle nostre facoltà cognitive. Per fortuna c'è una buona notizia: il vostro cervello, già oggi, è abbastanza inaffidabile su tante cose quindi smettete di preoccuparvi di quando sarete vecchi con l'Alzheimer e imparate a convivere già da oggi coi vostri limiti.
Tutte le metodologie che abbiamo visto fino a ora, in fondo, sono un modo per supportare la vostra mente e il relativo sostrato biologico nel comportarsi in linea coi vostri desideri e obiettivi cosci. In questo processo il vostro cervello non è tanto un alleato, quanto un compagno con cui scendere a patti e da tenere in riga. La concentrazione è il risultato di una negoziazione con voi stessi in cui voi date un ambiente consono alla vostra mente per operare e in cambio non verrete disturbati dall'indesiderata intromissione di quella canzone che fa “funnee funnee monkey monkey gif funnee funeee monkey monkey gif”, dalla preoccupazione su cosa cucinare per cena o dal desiderio di rivedere una persona amata che non vedete da settimane perché è sessione d'esami. Per fortuna esistono tanti modi per scaricare su strumenti o processi i costi cognitivi che normalmente peserebbero su di voi.
Vediamone alcuni, partendo dai più banali. Tutti voi usate un'agenda, o un calendario per segnarvi gli appuntamenti presi e non doverci pensare ogni poche ore per paura di dimenticarvi. Vero? VERO? Se non è così, iniziate a prendere l'abitudine di delegare alla vostra agenda tutto ciò che ha una data e un orario e smettete di tenere le cose a mente. Controllatela alla domenica sera per ragionare sulla vostra settimana e ogni mattina per pianificare la giornata e poi dimenticatevene.
Ora, perché limitarsi agli appuntamenti? Questo processo di “delega” allo strumento, cartaceo o digitale, si può fare con tantissime cose: promemoria, idee per progetti, commesse da svolgere, piccole attività necessarie nella quotidianità. Delegando correttamente, quindi scrivendo queste cose con uno strumento affidabile e controllando la lista di cose da fare in maniera regolare e consapevole, avrete un doppio risultato: ridurrete la dispersione d'informazioni utili e ridurrete lo stress per il vostro cervello.
Prendiamo un esempio concreto: state lavorando a un capitolo del vostro romanzo personale. Un malloppone lunghissimo e pallosissimo in cui raccontate dei vostri amori passati, del vostro percorso di crescita emotiva, di come avete trovato la pace interiore iniziando un corso di Yoga e praticando l'intaglio nel legno. Una merda immonda che nessun editore vi pubblicherà mai, ma questo non ci interessa. Ci interessa invece qualcos'altro.
Mentre state raccontando di Giorgia, ragazza spigliata e brillante che vi ha prestato una penna in aula studio quando facevate il secondo anno d'Ingegneria Gestionale, decidete di farvi un tè. Andate in cucina, mettete su il bollitore, prendete una bustina di tè e aspettate che l'acqua bolla. Mentre aspettate vi sovviene che dovete prenotare una visita dal dentista per la pulizia dei denti. Ora, l'errore peggiore che potete fare è cedere alla tentazione di andare su Google a cercare un dentista vicino, con recensioni buone, alzare il telefono e chiamare. Nei 10-15 minuti necessari a fare questa cosa, avrete perso per strada tutte le cose che avevate in testa su Giorgia.
Il modo appropriato di gestire questa cosa sarebbe di scrivere nella vostra agenda o nel vostro tool per le note e i promemoria, una riga sul prenotare la pulizia dei denti. Questa attività richiede pochi secondi, sforzo mentale pressoché nullo e l'atto stesso di delegare a uno strumento affidabile, disinnescherà la preoccupazione di agire su questi pensieri la prossima volta che si presenteranno. La mattina successiva ritroverete la nota e potrete decidere di chiamare il dentista prima di mettervi a lavorare.
Distrazioni
Il meccanismo visto nella sezione precedente, in cui svolgendo un'attività vi sovviene l'idea o nasce la necessità di fare qualcos'altro, è una delle principali cause di distrazione: va riconosciuto e gestito come spiegato sopra. Prima semplicemente scribacchiando una riga da qualche parte e in seguito con sistemi più potenti, che vi facilitino l'accesso alle informazioni raccolte senza dover scavare tra lunghe liste di note disordinate. Personalmente utilizzo per tutte queste cose alcune board Notion, progettate ad hoc in base alle mie necessità. Essendo Notion un tool commerciale e closed source non voglio fare un endorsement ma tenetelo in considerazione quando inizierete ad accorgervi che volete un tool potente per gestire i vostri promemoria, eventi, attività e note in un singolo strumento che aiuti anche con la pianificazione.
Le distrazioni però non sono solamente quelle “interne” descritte in precedenza ma sono anche e soprattutto esterne. Ogni tipo di lavoro che richiede concentrazione, per definizione, è estremamente sensibile a interruzioni da parte dell'ambiente circostante. Alcune sono inevitabili ma la maggior parte possono essere eliminate o mitigate. Ragionare su cosa vi distrae e porvi rimedio, anche con scelte radicali e che vanno a impattare altre persone, è fondamentale per evitare d'impiegare mezz'ora per riprendere il filo dei vostri pensieri ogni volta che ricevete una notifica sul cellulare.
Ogni situazione è diversa e dovete essere voi a dover riconoscere le fonti delle vostre distrazioni, ponendo, magari alla sera, uno sforzo attivo nel ragionare su cosa vi ha interrotto durante la giornata. Tuttavia esistono diverse fonti di distrazione estremamente comuni che vale la pena considerare in questo articolo.
La prima sono inevitabilmente altri esseri umani. Ogni volta che vorrete immergervi nelle vostre attività partirà un biosegnale potentissimo che trasformerà l'intera umanità in un'unica coscienza planetaria con un solo obiettivo: rompervi le palle. In casa o tramite mezzi di comunicazione, per cose utili o per cose inutili, tutti vorranno mettersi in contatto con voi. Silenziare le chat, staccare il telefono di casa, stabilire limiti chiari con le persone con cui convivete sono tutte misure basilari per raggiungere l'isolamento necessario. Se non è possibile nello spazio in cui siete, potete trovarne uno alternativo come descritto in precedenza. Non sentitevi folli a prendere misure forti: è in ballo il vostro tempo e merita di essere difeso. Ovviamente cercate di comunicarlo chiaramente a chi vi sta intorno, perché è molto facile fare emergere conflitti su questo tema: negoziate il vostro tempo e ponete regole precise per evitare che ci siano fraintendimenti se decidete deliberatamente di non rispondere a una chat per alcune ore. Magari considerate di creare dei canali di emergenza se volete essere raggiunti per cose veramente urgenti.
Un'altra grande fonte di distrazione sono i device digitali, in particolare come fonte di accesso ai social media. I social media sono macchine ingegnerizzate per trasformare la vostra attenzione in soldi. La disciplina può aiutare ma è una battaglia impari: siete da soli contro orde di programmatori e designer al lavoro da anni per farvi aprire un'app anche se non volete. Anche qui, scelte radicali possono essere utili: lasciate il telefono fuori dalla stanza dove lavorate, spegnetelo, disinstallate le app dei social media. Se dovete usare un portatile, utilizzate estensioni per il browser o tool appositi che impediscano l'accesso a certi siti o limitino il tempo che ci potete passare sopra. L'obiettivo è rendere la barriera all'accesso dei contenuti che vi danno dipendenza più forte dell'impulso a distrarvi. Questo impulso, scoprirete, è molto facile da gestire quando ci provate. Doversi alzare e andare dall'altra parte della casa per controllare se avete nuove storie su Instagram spesso non ne vale la pena. Magari una volta ogni tanto succederà, ma con un gesto semplice avrete evitato di distrarvi magari alcune decine di volte. Da lì potrete solo migliorare.
Consigli di lettura
Spero con questo breve articolo di aver dato qualche spunto utile. Rinnovo l'invito a prendere questi consigli come strumenti da adattare alla vostra specifica situazione e che in nessun modo possono da soli rimediare a situazioni di scarsità di tempo dovuta a problemi personali, sociali e politici.
Vi lascio quindi con un paio di consigli di lettura. Oltre al già citato Deep Work, vi consiglio Cronofagia di Davide Mazzocco che fa il punto sul tema della politica del tempo e racconta come il tempo personale sia oggi un terreno di scontro politico e risorsa da colonizzare e sfruttare per profitto.