Addio alle startup
Ci eravamo detti che non saremmo tornati alla normalità, perché la normalità era il problema.
La mia normalità era molto confortevole: lavorare qualche ora al giorno in un ambiente rilassato e sano, prendermi un lauto stipendio a fine mese, non produrre assolutamente niente di utile per nessuno e utilizzare questi soldi e questo tempo extra per finanziare le mie attività e organizzazioni politiche, culturali e sindacali, oltre a supportare quelle altrui.
Bello, ma dopo 7 anni di startup, anche basta: non penso di aver mai prodotto nulla che abbia effettivamente risolto un problema per qualcuno. E non intendo che quello che producevo serviva solo a generare profitto e nient'altro, intendo proprio che finiva buttato nel cesso perché il progetto falliva, l'azienda falliva, il settore intero falliva, i dati si scopriva che facevano schifo.
Il modello startup probabilmente reggerà ancora un po': un circo colorato di promesse non mantenute e fondi sifonati per costruire giocattoli inutili quando va bene, mastodonti pericolosi per la collettività e per l'economia quando va male. Ho 32 anni e penso di voler combinare qualcosa di meglio col mio tempo e lasciare questi passatempi ad altri.
Per questo motivo sono dimissionario e ho in piano, da Gennaio, di fondare una cooperativa in Italia. O meglio, un acceleratore di cooperative. Perché il modello startup ha prodotto tante metodologie utili e ha esplorato un modo di costruire organizzazioni e reti di organizzazioni in maniera rapida e incisiva. Il suo problema è sempre stato il capitale alle spalle e i modelli di finanziamento che privilegiavano idee stupide, modelli di business malsani e mercati improbabili.
Da qui l'idea (non mia) di tradurre alcune di queste pratiche e metterle al servizio prima del settore cooperativo e poi della alt-economy emergente in questi anni. I modelli cooperativi si sono dimostrati più resistenti alle crisi economiche e con l'apocalisse in cui stiamo vivendo, la normalità non può più includere gli inefficienti e vetusti modelli competitivi. Out-cooperate the competition.
Il tempo di costruire organizzazioni solide per prepararci alle enormi sfide economiche e sociali davanti a noi era ieri, però io arrivo tardi e quindi lo posso fare solo oggi.
Ho deciso quindi di fare la scelta radicale di abbandonare la mia normalità ben pagata, il mio interesse personale ed economico e fondamentalmente la mia carriera da programmatore per iniziare a fare qualcosa per la collettività. Siccome ho il pancino troppo delicato per fare la lotta armata, l'opzione che mi è rimasta è andare a fare il CTO con Damiano Avellino e Micol Salomone e fondare una cooperativa che ancora non ha un nome.
300 anni di ideologia liberale ci hanno convinto che le persone siano guidate dall'interesse egoistico quando agiscono in società: questa scelta per me rappresenta il liberarmi, anche nel mondo del lavoro, da questo imperativo artificiale. Non è nel mio interesse farlo, non è la mia passione e sperabilmente contribuirà a costruire un mondo in cui io e quelli come me saranno meno privilegiati di quanto sono ora. Questa scelta deriva esclusivamente dal senso di responsabilità e dalla vergogna del giudizio di chi verrà dopo di me, che si guarderà indietro e si chiederà cosa faceva Simone mentre il mondo prendeva fuoco. La mia risposta sarà questa. Vi auguro di trovare la vostra al più presto.
Ringrazio i miei cattivi maestri: Alessandro Tartaglia, Rodrigo Nunes, Andrea Dotta, Yonatan Miller, David Graeber, Walter Vannini, Polly Yim, Giulio Quarta.